Ci siamo recati come ogni anno al Meeting di Rimini 2019 e tra i tanti stimoli e incontri interessanti uno su tutti lo riportiamo con gratitudine e ammirazione per il professor Luigino Bruni, docente di Economia Politica e Storia del Pensiero Economico all’Università Lumsa di Roma.
Il Professore ha presentato il forum “The Economy of Francesco”, un evento voluto da papa Francesco per ascoltare il pensiero economico dei giovani e degli imprenditori e imprenditrici che si terrà ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020
e che vedrà la presenza dello stesso pontefice per stipulare un patto per cambiare l’economia, per fare economia secondo lo spirito di Francesco di Assisi, un’economia inclusiva, con i poveri, per i poveri.
Il mutuo vantaggio
Proprio sulla scorta di questa idea innovativa di economia e stimolato dalle domande dei presenti, il professor Bruni si è soffermato su alcuni concetti fondamentali. Primo tra questi è il mutuo vantaggio.
“Nell’economia la legge fondamentale è il mutuo vantaggio, la reciprocità, non è l’altruismo. L’altruismo può essere l’eccezione. La regola è che un lavoratore che entra deve crescere e tu cresci insieme a lui”. Ma il vero punto della questione, spiega il professore marchigiano, è che la vera innovazione si gioca nel trovare un valore laddove gli altri vedono solo disvalori. E per fare questo occorre “uno sguardo maieutico antropologico”. Cioè l’imprenditore è veramente innovatore quando fa risorgere il lavoratore, quando trova un valore dove non c’è. “Gli imprenditori che oggi crescono sono quelli capaci di trasformare i problemi in opportunità, di far fiorire i talenti delle persone che così diventano un valore anche per l’impresa. Questa è l’economia sostenibile”. Il mutuo vantaggio, dunque, è regola fondante poiché ha a che fare con la dignità della persona, che diventa soggetto di un rapporto di reciprocità e non oggetto di un rapporto di altruismo.
Energia vitale alla base del fare impresa
Rispondendo alla domanda di Giacomo, un giovane docente universitario che si divide tra l’Italia e l’Africa, il quale ha sottolineato come in università abbia notato che i suoi studenti italiani a differenza di quelli africani non abbiano più il desiderio di affrontare i bisogni e creare dunque impresa, Luigino Bruni ha sottolineato la sua preoccupazione per il futuro: il fatto che manchi ai giovani lo stimolo per andare a lavorare, proprio perché sembra essersi smarrita quella fame di vita che negli anni Settanta ha portato a triplicare il numero delle imprese in Italia. “La fame di futuro per sé e per i figli faceva nascere imprenditori. La domanda di fondo è: domani da dove
nasceranno? Se i bisogni fondamentali li abbiamo soddisfatti, se la gente sarà più abituata al rapporto con la macchina che non al rapporto con le passioni umane, con la pietà, dove attingeremo la fame di vita per fare impresa domani? Questo è un tema enorme. Perché noi rischiamo che il petrolio che ci mancherà non sarà quello fossile ma sarà l’energia vitale, la joie de vivre che porta l’imprenditore a fare le imprese… se si abbassa sotto la soglia si blocca lo sviluppo”.
Educare alla libertà
“Il paradosso e il segreto della vita delle imprese è educare alla libertà”. Così si è espresso il professore marchigiano replicando a Elettra, imprenditrice preoccupata per come trattenere le proprie risorse umane in azienda. “L’ impresa con lo stipendio, con gli incentivi compra la parte meno importante del lavoro, quindi deve fare in modo che il lavoratore gli doni ciò che non può comprare”. In questo sta il paradosso educativo: l’impresa ha un bisogno vitale che il lavoratore gli dia la parte più importante del lavoro che non è una merce ma è semplicemente un dono di libertà. “Se un lavoratore cresce e diventa eccellente è sempre lì sulla porta per andarsene via. Ed è in quella scelta che fa ogni giorno di rimanere che dà il meglio di sé”. Educare alla libertà, dunque, è fondamentale per avere lavoratori eccellenti. Quindi “una volta che si è fatto tutto (welfare, premi, ecc…) per trattenere i propri collaboratori bisogna mettere un cartello ideale sulla tua porta “Io non sono Dio”, l’azienda non è tutto. Perché per quanto il lavoratore lavori nell’azienda più bella del mondo, deve avere dei luoghi di libertà extralavorativi”. Perché la vita è eccedente anche rispetto al lavoro più bello del mondo.
Abbiamo bisogno di comunità vive
Domenico, ricercatore presso l’Università Cattolica, ha domandato se e come oggi le esperienze delle minoranze creative, profetiche, possano essere replicabili su vasta scala, sull’esempio dei monasteri benedettini. Dando risposta a questa domanda, il professor Bruni ha sottolineato come l’elemento fondamentale nel successo economico delle abbazie sia stato anche e soprattutto il capitale umano: “Il lavoro umanistico che si abbinava al lavoro concreto faceva sì che si costruissero personalità eccezionali.” Anche oggi la persona è fondamentale. “Per questo le esperienze profetiche non sono scalabili. Queste esperienze si incarnano in persone, non sono un know-how, non sono astratte. Sono dei carismi incarnati in esseri umani concreti. Le esperienze profetiche si scalano per imitazione, per gemmazione, perché qualcuno prende qualcosa e fa qualcosa di completamente diverso. Dice Alasdair MacIntyre, famoso filosofo autore del libro “Dopo la virtù”: “Di cosa abbiamo bisogno oggi? Di un nuovo San Benedetto”. C’è dunque bisogno di comunità vive, con dei sogni comuni. “Occorre imitare Benedetto nella domanda: come si salva un mondo in declino oggi? Faremo delle cose buone se faremo delle opere, non dei discorsi. Sono le opere che creano il futuro. Benedetto ci dice questo: fate delle opere e fatele insieme”.
No all’impresa vincente
Chiudendo il suo intervento, Luigino Bruni si è soffermato su tre importanti concetti: l’impresa vincente – di successo / l’impresa profit-non profit / il Bene comune.
Il termine “impresa vincente” implica secondo il professore della LUMSA un concetto sbagliato poiché non coglie l’umanesimo del mercato che è quello che ha prodotto la civiltà occidentale. Il mercato non è dunque un luogo dove uno vince e l’altro perde, in cui applicare le regole dello sport. Il mercato è mutuo vantaggio, è crescita insieme. Lo scopo dell’impresa è rispondere a un bisogno, soddisfare il cliente, non che i suoi avversari escano. Quindi “il mercato non è un luogo di vincenti e perdenti, è un network di rapporti mutualmente vantaggiosi”. Così come il criterio di una buona vita non è il successo ma è il senso vero di quello che fai.
Imprese profit/non profit.
“Oggi dovremmo superare l’idea che esistano aziende profit e non profit”. Secondo il professore, infatti, questa suddivisione è frutto di una concezione nordamericana dell’economia, derivante dalla cultura calvinista che identifica le due categorie del business e di una “zona residuale”. In realtà, lo scopo delle imprese non è il profitto. Il primo scopo è non morire. Ci sono aziende che non fanno profitti per anni, perché hanno molti altri scopi. La divisione tra aziende che hanno un profitto e aziende che non ce l’hanno divide il mondo in un modo sbagliato.
Il Bene comune
Nel suo intervento conclusivo, il professor Bruni ha spiegato come il tema del Bene comune sia infinito perché nessuno ne ha mai dato una definizione esaustiva. “Occorre dunque stare attenti perché il Bene comune è un concetto tendenzialmente manipolabile se qualcuno ha dei progetti ideologici”. Ciò che veramente conta è quel bene concreto che si può fare qui ed ora ogni giorno. Quindi il Bene comune è qualcosa che nasce dai tanti che fanno dei beni privati in un modo condiviso. Occorre però che questo bene sia concreto, frutto di un incontro. E per far sì che questo incontro avvenga “occorre frequentare le periferie, la gente normale e magari povera perché è lì che c’è l’innovazione, “è nelle periferie che si impara a risorgere”. Qual è una tipica decadenza degli imprenditori? che gli imprenditori di successo si chiudono, riducono la biodiversità incontrano solo colleghi di quel tipo di mondo, perdono contatto con la spesa al supermercato, con la fila alla posta perché è lì che tu ti migliori. Mi ha colpito che i ricchi di Assisi commissionarono a Giotto i 28 episodi della vita di Francesco, ma tra i 28 manca un episodio famoso, cruciale per Francesco: il bacio al lebbroso. Perché i ricchi di Assisi non volevano far sapere che ad Assisi c’erano i lebbrosi. Il lebbroso fu scartato in vita e fu scartato pure nella narrazione perché era troppo scandaloso far vedere che Assisi, la città del Santo, avesse i lebbrosi. Cosa voglio dire? È tra i lebbrosi che c’è l’innovazione vera. È quando qualcuno scende da cavallo come Francesco mercante (era un imprenditore) e dà un bacio al lebbroso che comincia il nuovo.
Se un imprenditore smette di far questo non capisce il Bene comune e smette di innovare”.
La nostra visione: Sostenibilità e Territorio
Diffondere un nuovo modello di sviluppo della comunità che ponga alla base del sistema evolutivo globale un nuovo sistema in cui imprese, amministrazioni pubbliche e comunità si relazionano tra di loro. Questo è parte del beneficio comune della nostra Benefit. Ciò che ci proponiamo è di salvaguardare gli aspetti materiali e immateriali della cultura del territorio e di diffondere consapevolezza attorno alle tematiche di Sostenibilità e di Sviluppo della Civiltà attraverso azioni concrete di tipo imprenditoriale, organizzativo e di pianificazione strategica di territorio.
Un nuovo modello economico, dunque, di vita prospera sul Pianeta che vede la decadenza del vecchio ideale competitivo e l’avanguardismo della visione economica di Sviluppo Sostenibile dei territori.
Una rigenerazione del nostro modo di vivere la comunità, il territorio e il fare impresa per generare senso e ricchezza economica duratura: in una parola Evoluzione Responsabile.