Identità e immagine di un territorio
Quando pensiamo al nostro territorio pensiamo a dove noi, come voi e gli altri, possiamo riconoscere delle caratteristiche uniche che ci fanno capire che il nostro territorio è proprio questo: quello che noi conosciamo e che si manifesta e si presenta anche agli altri.
Parlare di questo è parlare della Romagna e parlare della Romagna è considerare quei tratti di peculiarità identitari che sono e appartengono soltanto alla Romagna e fanno di essa la regione che tutti conoscono con una certa identità, costruita attraverso immagini e narrazioni. Se è vero che l’identità si esprime in un’immagine, allora è anche vero che la Romagna si comunica e si trasmette attraverso un’immagine che è quella costruita attraverso tutto il repertorio e il patrimonio di vicende e storie che in essa si vivificano e che trovano in essa non soltanto una cornice, ma anche l’essenza e la motivazione per essere quello che realmente sono.
L’identità del nostro territorio gioca quindi su due livelli, che sono essenzialmente le motivazioni profonde che ci fanno sentire di appartenere a un dato territorio e l’immagine contemporaneamente che ne viene comunicata: ogni volta che un’identità esprime al tempo stesso appartenenza e immagine, tutto coincide meravigliosamente con armonia e sintonia perfetta. Allora possiamo dire che l’identità è forte e comunicabile universalmente.
Il nostro modo di guardare al nostro territorio è proprio questo: quello di riconoscergli un’identità coerente, forte, efficace, che possa essere comunicata e intesa dagli attori sociali che trovano nella Romagna un punto di riferimento per attribuire qualità uniche che solo in essa possono essere ritrovate.
Proprio per questo, durante il posizionamento strategico delle aziende locali, abbiamo provveduto a ricercare e individuare in modo selettivo e partecipato quelle caratteristiche uniche che possano essere considerate forze esclusive pertinenti soltanto al nostro territorio: tra questi elementi distintivi abbiamo concordato che lo spirito della Romagna fosse assolutamente imprescindibile e lo abbiamo definito come uno stile di vita che non ha eguali in Italia, come gioia di vivere, amore per la socialità, per la musica, per il ballo e per la cucina di qualità, e lo abbiamo chiamato ” Romagnolità “.
Lo spirito della Romagna in un libro: le Storie di Ugo
Se lo spirito della Romagna esprime un’identità, un modo di essere e un’essenza, allora occorre a questo punto un’immagine che possa coincidere con esso e che possa narrarlo e raccontarlo in modo da rendere comunicabile questa specifica e esatta identità. Questa considerazione è vera in generale e in questo caso è nostra premura ricercare i modi in cui il nostro territorio possa essere condiviso con chi ne riconoscerà le caratteristiche uniche e originali che sono le stesse che noi percepiamo e riconosciamo ad esso ogni volta.
Tra i tanti modi che potrebbero essere citati e seguiti proprio per creare questa narrazione identitaria del territorio, vogliamo sceglierne uno e parlarne insieme. Soffermarci su questo è trovare una via.
Il libro di Germano Savorani Storie di Ugo potrebbe essere un modo simbolico e efficace per cominciare.
Una storia che parte dai media
In sintonia con i nostri tempi, con i nostri mezzi di comunicazione, le Storie di Ugo non possono che vedere la loro luce sui social media. Nascono virtuali, espressioni della network society, come parte integrante e vitale di quel modo nostro di essere qui e altrove, di perderci nell’inconsistenza della rete. Talvolta, capita anche che dall’immaterialità si passi agevolmente alla materialità: quei racconti virtuali sono diventati finalmente realtà, stampati su carta e con un’esistenza concreta, tanto da potere essere raccolti in una pubblicazione, che passa di mano in mano accompagnata dell’interesse e dalla curiosità insieme di potere toccare in modo tangibile ai sensi quelle narrazioni virtuali che avevano già così tanto affascinato e trovato entusiasti consensi.
Chi è Ugo
Germano o Ugo? Ugo o Germano? Identità diverse eppure coincidenti. Ma a pensarci bene, non capita forse anche a noi, ogni giorno? Essere in una versione di noi in certe circostanze. Richiamati dal dovere, a svolgere i nostri ruoli, nella vita di tutti i giorni. Il lato sociale di noi stessi, quello conosciuto, noto, che veste con la camicia e la giacca, gli abiti e i panni della persona pubblica che siamo.
E poi l’altro lato di noi. Chi può averlo più simile alla facciata pubblica, chi meno. Ma è pur sempre l’altro lato, quello si conforma solo alla spontaneità, quello dove emerge realmente chi siamo senza filtri, per quello che siamo, senza sentirci giudicati nei nostri atti, dove attingiamo alla libertà, come fonte e risorsa di chi vogliamo essere quando possiamo essere noi stessi.
Ecco, fra Germano e Ugo era un poco la stessa cosa. Per il nostro autore è giunto il tempo di dare libertà a Ugo, di lasciare andare questo lato tenuto alle redini per così tanti anni, di raccontare le avventure di Ugo, che sono tante e variopinte, che sono storie e che come tutte le storie sono belle e piacevoli da ascoltare.
La Romagnolita’
Ecco, proprio nella lettura delle Storie di Ugo, vediamo concretizzarsi qualcosa che esula dalla narrazione, e possiamo percepire in latenza, poi emergente, fino a distinguerlo nettamente e percepirlo come vibrante e come assolutamente vero: sotto forma di energia, di spirito autentico e proprio del testo.
Ciò che possiamo sentire distintamente è lo spirito romagnolo. E che cosa è lo spirito romagnolo? Per definire un’identità, ancora una volta, soffermiamoci sulla sua immagine.
Il nostro Ugo, a questo punto, diventa un amico della porta accanto, uno di noi, che conosciamo tutti bene senza conoscerlo affatto, per un gioco strano eppure reale, assurge a persona familiare e rassicurante. Ugo ci racconta le sue storie, sì, ma che più che storie sono avventure, perché in esse dimora lo spirito del meraviglioso, dell’inspiegabile, del sorprendente, capace di strapparci non solo il sorriso, ma di sospendere quel ragionamento razionale che ci porta a considerare tutto come i termini e gli elementi di un teorema. Abbandoniamo le nostre logiche e seguiamo quelle di Ugo, ci lasciamo andare e tutto questo serve a recepire ancora meglio la spontaneità di questa narrazione. Viaggi, estati, leggerezza, genuinità, semplicità e humour. Personaggi tipici, dai tratti gioiosi, piacevoli, senza nuvole. Ogni storia, anche la più pericolosa, la più triste, la più seria, si volge in qualcosa di inaspettatamente divertente, capace di intrattenere e strappare il sorriso, ogni volta che riconosciamo quei tratti inevitabili di chi trae da ogni esperienza qualcosa di giocoso, di cordiale, di simpatico e fuori dagli schemi. E, soprattutto, di chi riesce a farcela sempre, con il sorriso e la forza dell’entusiasmo.
Storie di Ugo ci restituisce. Ci lascia la percezione esatta e autentica di cosa lo spirito romagnolo realmente sia. Difficile definirlo se non con la sua immagine, che è quella che abbiamo letto. Il modo di essere di una regione che è riconosciuta in tutto il mondo per quei tratti emergenti di carattere che le appartengono al pari di quanto essi appartengono al proprio territorio. Quei tratti che opportunamente sollecitati si trasformano in pratiche quotidiane con cui si guida e si realizza l’approccio al mondo e alla vita, e allora vediamo come tutto è correlato, e lo spirito della Romagna è poi concretizzato in ciò che la Romagna è e fa agli occhi del mondo: e vogliamo aggiungere, anche di ciò che produce.
Così, questo libro ci racconta di qualcosa di intangibile e al tempo stesso legato in modo indissolubile a ciò che il territorio è. Anche questa narrazione concorre a restituirci un’identità autentica che ci è trasmessa con immagini. Per comunicare, per diffondere, per segnare una differenza e, soprattutto, un’esistenza.
Auguri di Buon Anno a tutti! A tutti i Romagnoli e a tutti i territori d’Italia, con le loro peculiarità e la loro verità identitaria forte e autentica come sognamo per il nostro bel paese… l’Italia!
G. Savorani, Storie di Ugo, Cesena, Società Editrice «Il Ponte Vecchio», 2016