Il terzo Convegno d’Estate della Fondazione Enzo Spaltro e dell’Università delle Persone dal titolo “ECONOMIA PSICOLOGICA” si è tenuto giovedì 21 giugno ad Argelato. Al tavolo Enzo Spaltro, Pier Paolo Baretta, Sara Cirone, Nino Galloni, Isabella Covili, Mauro Sirani, Domenico Arato, Gabriele Fava, Paolo Pellegrini e Daniele Ravaglia hanno affrontato i temi legati al cambiamento d’epoca di fronte al quale ci troviamo.
Il futuro sarà qualcosa di diverso rispetto a quello a cui siamo abituati e spesso non ci rendiamo conto di come le cose stanno cambiando velocemente e non riusciamo a interpretare ciò che accade.
Interventi di alto livello che si sono inseriti nella cornice della lucidissima analisi del professor Enzo Spaltro che ha puntualizzato da subito come sia importante capire che il futuro non si prevede ma si può progettare. E per farlo è necessario passare attraverso un modello plurale di sviluppo, una condivisione e una diffusione del benessere.
Economia e psicologia: due discipline recenti
Con una lectio magistralis, il professore bolognese ha raccontato come psicologia ed economia siano due discipline relativamente recenti che, nel corso del tempo, hanno trovato la loro sintesi nella psicologia economica.
Oggi è assolutamente necessario fare un balzo in avanti ed occorre parlare non solo di psicologia economica (il cui limite sta nel fatto di affermare cose per le quali manca una verifica sperimentale) ma di economia psicologica o psichica, che è il prevalere dello psichico sull’economico.
Cosa significa economia psicologica?
La dimensione soggettiva che privilegia la creazione di benessere presente o futuro (per il quale il professor Spaltro ha coniato il termine bellessere, in quanto la bellezza è la speranza del benessere futuro) è quella estetica. Dietro all’affermazione per cui il futuro non si prevede ma si progetta, infatti, c’è una domanda:come possiamo fare per progettarlo? Progettare il futuro è entrare nel mondo estetico, non significa abbandonare il presente. Dietro a questo ci sono grandi problemi: guerra o pace? Povertà o ricchezza? Vendetta o perdono? È un cambio completo di definizione.
Da benessere a bellessere
Oggi l’economia ha accresciuto la propria importanza e il tipo di potere che un tempo era concentrato nelle religioni, nelle investiture, nelle conquiste armate o nelle ricchezze economiche, è venuto recentemente a convogliare nella ricerca del benessere sia fisico che psichico. È necessario, però, che il benessere diventi bellessere (cioè proiezione di benessere nel futuro) e per fare questo non basta concentrare la ricchezza nelle mani di pochi ma è necessario che il benessere sia diffuso. Quando infatti parte della società vive nella povertà, tutta la società è malata. Se in una città qualcuno muore di fame, tutta la città muore di fame. Si ha un’infezione della cultura. In Italia il livello di povertà è un dato soggettivo, che va oltre i dati statistici.Un milione e mezzo di persone soffre la fame. È necessario un sistema che garantisca che nessuno soffra la fame. Sarebbe auspicabile l’attuazione dei cinque punti dei Paesi Scandinavi: occorre garantire a tutti cibo, casa, sanità, scuola e divertimento (che non è uno sfizio, ma è legittimo). Senza la garanzia del tempo del divertimento (che sta nella distinzione tra tempo mio e tempo degli altri), non c’è benessere.
Dal monopolio al piccolo gruppo
Come fare? Esistono tre possibili modelli di sviluppo:
1. Monopolio. Spesso nell’opinione comune si ha il concetto che l’unità, il singolo sia meglio. In realtà la libertà, la disunità è fondamentale. La divisione psicologica è fondamentale.
2. Dinamica di coppia.
3. Cultura del piccolo gruppo. Lo sviluppo del benessere degli uomini passa attraverso un rapporto conflittuale tra scarsità e abbondanza, dove l’abbondanza è il sistema di crescita del piccolo gruppo mentre la scarsità quello del singolo/monopolio. La scarsificazione economica, infatti, si trasforma in moltiplicazione: gli uomini soli al potere si sono da sempre dedicati a processi di moltiplicazione del denaro, tenendo fuori da questi meccanismi moltiplicatori la stragrande maggioranza della società. La nostra cultura riflette questa origine conflittuale del benessere e della ricchezza: cerca l’abbondanza ma la rifiuta per paura del potere altrui. Per questo la scarsità è funzionale al monopolio, perché serve al mantenimento del potere. Mentre l’abbondanza, che è lo specchio del sistema di sviluppo del piccolo gruppo, passa attraverso il lavoro, attraverso un benessere diffuso. È un modo per trovare sistemi ottimali per raggiungere una situazione di bellessere.
Occorre passare dall’uno al tre.
Abbiamo bisogno di passare attraverso un modello plurale di sviluppo. Da un modello monarchico, singolare a un modello plurale: dall’individuo al soggetto, dal soggetto, al cittadino, alle persone.
Ma non basta. La diversità è quello che ci può salvare dall’autodistruzione. Il perdono ci permette di pensare al futuro. Altrimenti la vendetta impegna tutto il nostro futuro. Occorre un nuovo modo di pensare, un nuovo dizionario.
La Bellezza salverà il mondo
L’economia sta diventando teologia. Gli economisti è come se diventassero sacerdoti di una nuova religione. Non c’è oggettività nell’economia, ma strumentalizzazione a favore di alcuni per trarre vantaggi. Occorre quindi una riscrittura, partire da zero. Occorre un nuovo modello di sviluppo.
Il dominio cerca di tenere il popolo assoggettato con teorie economiche, non verificate. L’antidoto del dominio, che con le teorie catastrofistiche tiene soggiogate le persone, sono le pratiche di parità (e quindi i cinque punti scandinavi), che creano lo sviluppo e fanno sì che si passi da cittadino a persona, da persona a comunità, da comunità a specie. Aumentando il livello si ha, infatti, una capacità di orizzonte temporale e quindi un bellessere più esteso, un benessere soggettivo e diffuso. “La Bellezza salverà il mondo” come diceva Dostoevskij.
Il plurale ci rende liberi, il differente ci rende liberi e compensa le perdite della società. Il contrario della guerra è il plurale, che abbatte il monopolio. Occorre creare un dizionario nuovo. L’apprendimento è l’antidoto all’assoggettamento. L’ignoranza è la madre della schiavitù.
Occorre un nuovo modo di pensare, un nuovo dizionario, una nuova economia che includa l’antropologia.
Un esempio di modello di sviluppo
Sara Cirone ci racconta la sua visione in riferimento alla gestione d’impresa. Stiamo evolvendo verso l’immaterialità, in una visione economica che mette al centro l’uomo e i suoi bisogni. Occorre dunque domandarsi che cos’è il valore per l’uomo. In un’impresa, ad esempio, si producono beni immateriali che vanno oltre al denaro. Si tratta di un rovesciamento dei canoni: provando ad analizzare in modo antropologico il bilancio, ci si rende conto che la comunità aziendale produce valori, know-how, rapporto con il territorio e persone (clienti, fornitori, istituzioni) molto più forti della moneta. Il microgruppo che crea valore, raccontato attraverso il Report Integrato, è il vero valore d’impresa. Sara Cirone dunque ci parla del lavoro come valore immateriale. L’impresa assume così un diverso significato economico in cui gli aspetti finanziari si coniugano con aspetti legati ai capitali naturale, organizzativo, relazionale e umano.
Partecipazione e bellessere
Se le imprese rendono visibile a tutti il valore che creano, si evitano quelle spiacevoli situazioni (sempre più diffuse) nelle quali le persone si allineano alle decisioni di altri senza conoscere le ragioni che sono alla base di certe scelte. Con il Report Integrato, invece, si crea un meccanismo di partecipazione che fa sì che ognuno si senta persona all’interno della comunità e contribuisca alla creazione di valore all’interno della stessa. Così facendo crollano i modelli monopolistici o duali e si creano micro gruppi partecipativi, cresce sempre di più il livello di partecipazione attiva e la volontà di sentirsi persona all’interno della comunità, di partecipare alla creazione di valore. Se ognuno si sente persona in una comunità e si sente partecipe della creazione di valore ecco che il benessere diventa patrimonio di tutti per lo sviluppo della civiltà.