Oggi, 4 febbraio, si celebra la prima edizione della Giornata Internazionale della fratellanza umana. Proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, essa ha l’obiettivo di promuovere il dialogo interreligioso e interculturale nel mondo.
Occasione di riflessione in questo tempo che ci mette ancora e così lungamente alla prova e nel quale infuria il dibattito su modello economico e sistema politico.
Da cosa viene la salvezza?
Ma cosa ci serve davvero? La nostra “salvezza” può derivare dalla politica o dall’economia? Il vero termometro della società non sta, piuttosto, nella nostra capacità di essere solidali, umani e giusti?
Non può esistere un nuovo modello economico e politico senza una profonda riflessione sul nostro sistema umano, di relazioni, di scambio e di capacità di essere insieme e fare comunità. Basterebbe sforzarsi per compiere quelle azioni che derivano dalla consapevolezza e dalla responsabilità e dalla libera scelta delle persone.
Salire sulla scala evolutiva
Se è vero che venti persone detengono la ricchezza che basterebbe per sfamare l’intera popolazione umana, forse una riflessione si impone. È giusto e buono lavorare sul modello economico, migliorarlo, generare impatti meno invasivi sull’uomo e l’ambiente, ma occorre un passo ulteriore su quella scala della civiltà in senso evolutivo. Serve un’adesione massiccia, dei grandi poteri, a questo concetto della fratellanza, che non si risolve nel banale e vittimistico concetto del “dare al povero”, ma si sostanzia in un nuovo dialogo, in quella capacità di creare le condizioni di base affinché siano riconosciute a tutti dignità e partecipazione. Un concetto ancora più alto di quello di solidarietà, che va oltre e genera virtù, sviluppo, condivisione.
Una involuzione della specie?
Purtroppo, sempre più spesso, nel suo stare al mondo l’uomo sta vivendo in una cattività artefatta che va oltre l’accettazione costitutiva di ciò che è l’umanità. Sembra di essere davanti ad un cambio di specie, una sorta di involuzione antropologica, genetica, biologica e spirituale. Siamo certi che quella che stiamo sempre più affermando, sia la specie umana? Una specie che “divora” e “avvelena” i suoi simili? Che fa morire i bambini? Che violenta ed umilia le donne? Che fa morire di fame intere popolazioni? Che abdica al proprio ruolo di cura della res publica per interessi egoici, prevaricatori, sleali, ed eterodiretti da coloro che si percepiscono i grandi poteri. L’invocazione ai soliti buoni principi ad uso della manipolazione del momento viene svolta senza nessuna profondità di pensiero e di coscienza. E il problema non è tanto l’accentramento del potere, quanto l’esercizio di esso in assenza di umanità, di cultura e di civiltà. Assistiamo e spesso diventiamo protagonisti di un esercizio di prevaricazione atavico che sta diventando la normalità nei rapporti umani, come un virus, altro che covid, che si è innestato e sta incancrenendo.
Una nuova umanità
Un nuovo modello economico, sociale e politico è possibile, ma va invertita la rotta del nostro essere e percepirci umani. L’economia, infatti, è data dalla relazione generativa tra il capitale umano e i capitali tangibili e intangibili che costruiscono il valore nel senso più ampio possibile. Pertanto non possono essere riforme o singoli individui a salvarci! Abbiamo bisogno, piuttosto, di un nuovo modello di relazioni e di convivenza come strada maestra per l’umanità e per le comunità.
D’altra parte, cos’è l’economia se non la scienza dell’uomo? La cura della casa dell’uomo?
Per questo serve rinascere ad un nuovo umanesimo integrale nell’economia e nella vita, dove tutto è interconnesso, si sviluppa assieme e fa parte di un unico e solo ecosistema. Dove tutto è nuova umanità.
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