La comunicazione è un ponte che unisce gli individui e crea comunità. Ma la comunicazione, allo stesso modo, può diventare lo strumento che divide e che allontana. Questa è una differenza sostanziale, che dipende dall’utilizzo che ognuno di noi sceglie per il mezzo disposizione: le parole. L’odio non risiede nelle parole, ma nel modo in cui noi associamo le parole. Nelle nostre intenzioni più profonde.
Ogni volta che possiamo scegliere vuol dire che stiamo parlando di responsabilità. Un concetto che si accompagna a quello di libertà. Riflettere sul rapporto esistente tra responsabilità e libertà è una questione importante per la civiltà. Perché quando chiamiamo in causa il concetto di evoluzione, in realtà consideriamo spesso, come nel caso dei social media, solo quella tecnologica: ma a questa si associa quella inerente all’uomo. La domanda è: la nostra civiltà è piena, compiuta, realizzata, matura tanto quanto il nostro grado di sviluppo tecnologico?
Proprio Habermas ci parlava di un’etica del discorso, immaginando una situazione discorsiva idealtipica dove si postulava l’uguaglianza democratica tra i parlanti. Ma proprio le regole, le norme universali di validità arginavano i rischi di una libertà senza norma, e quindi del caos. Bauman, purtroppo, ha dovuto constatare il fallimento dell’incontro sociale: e questo, a fronte di una libertà individuale illimitata.
Oggi, sederci insieme, portando la nostra presenza, è come un grande invito a cena. Tutto è apparecchiato ora, tutto è partito da richieste inviate per mail. Tema: le parole ostili. Trieste, il luogo scelto per parlarne ci offre il suo silenzio: perché anche il silenzio parla.
Sono tante le voci che si succedono per introdurre il tema. Ognuno lo fa dal suo punto di vista, che è un contributo condiviso e anche una prospettiva che esclude altre prospettive. La comunicazione è prima di tutto contesto: è prima di tutto realtà che viene decodificata da tutti coloro che si trovano in un determinato qui e ora. Ogni contesto vuole la sua forma, il suo stile: forma e stile che competono ai comunicanti. Dal contesto manageriale della formazione, la voce di Alberto Fedel. Impariamo che la comunicazione segue le gerarchie: quindi un ordine e una priorità, una direzione. Gerarchie che si oppongono al criterio della rete, dove tutti i nodi sono equivalenti e legati da un flusso.
Ma c’è anche la voce di chi insegna come la comunicazione non ostile sia questione di buon senso e educazione che si accompagna al processo di civiltà. Una crescita personale e condivisa insieme. Sono Serena Tonel, Assessore alla Comunicazione in rappresentanza del Sindaco di Trieste, e Debora Serracchiani, Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Le attività
Frutto delle riflessioni e della votazione sui social, viene presentato il Manifesto della comunicazione non ostile. Come ci ammonisce Fedel, i principi di valore possono essere come parole senza musica: questo è un pericolo. Gianni Morandi ci omaggia di un racconto: la sua esperienza sui social. Questo e molto altro per affermare la responsabilità della comunicazione in rete.
Un decalogo di norme e principi perché, come interviene Laura Boldrini, Presidente della Camera, non è opportuno rassegnarsi a una comunicazione ostile. Occorre invece un’operazione culturale che non risponda all’odio con l’odio. Un odio espresso contro i soggetti pubblici, contro le donne; un odio – anche – come contesa politica. Un odio accresciuto anche dalle fake news. Tempo di responsabilità, quindi, anche per i social network oggi. Perché la rete è fatta di persone: il mondo offline non è diverso da quello online. Questa è la nuova consapevolezza di oggi.
Il Manifesto è una dichiarazione di intenti ed è solo il punto di partenza per le attività che l’agenda della seconda giornata prevede: il pubblico sarà coinvolto alla partecipazione attiva in nove tavoli con temi riguardanti i social media e le scritture; il giornalismo e i mass media; i viaggi, lo sport e il divertimento; la politica e la legge; il business e l’advertising; in nome di Dio; i giovani e il digitale; le bufale e gli algoritmi; i bambini e i social media.
Essere responsabili: il nostro contributo alla civiltà
Responsabilità, rispetto e armonia tra le persone: noi crediamo in questo. Essere sostenibili è un pensiero che si coordina perfettamente e si trova in sintonia piena con i valori che questo evento – Parole Ostili – esprime e sostiene. Quei valori unici che consentono all’uomo di essere persona e di creare comunità: in altre parole, quei principi che contribuiscono alla crescita della civiltà. Perché in nessun contesto, offline e online, l’uomo può smettere di essere persona e di considerare gli altri come persone. Noi crediamo profondamente che essere sostenibili coinvolga una visione umanistica, dell’uomo che riesce pienamente a essere tale solo nella consapevolezza di chi è come lui. Solo da questa convinzione è possibile contribuire e far crescere il benessere come valore condiviso: quello che noi cerchiamo di mettere in pratica ogni giorno.
Per noi essere qui a Parole Ostili vuol dire questo: aderire e dare supporto ai principi autentici che sono fondanti della nostra visione etica e umana. Quella che per noi è l’unica e essere sostenibile.
CERIMONIA DI PREMIAZIONE DELLA 60SIMA EDIZIONE DELL’OSCAR DI BILANCIO 2024
Il prestigioso Palazzo Mezzanotte di Milano ha ospitato la Cerimonia della 60ª edizione dell’Oscar di Bilancio, riconoscimento storico dedicato alla rendicontazione trasparente e sostenibile. Tra